Prima durante e dopo il murale

Arrivai ad Enna agli inizi degli anni '70 come geometra incaricato, insieme ad altri tecnici e molti operai, di realizzare un lotto dell'Autostrada Catania - Palermo: quel lotto dov'è, ancora, il Viadotto San Sebastiano. Ultimammo i lavori circa quattro anni dopo e durante quel lungo periodo realizzai anche una mostra personale a Catania presso la Galleria Il Punto, ma, col muro, non ci eravamo ancora incontrati. E quando avvenne, nell'ultimo periodo della mia permanenza, fu perché un giorno il sole lo illuminò d'arancio cromo, a sfiorare, su muschio ed erba pendula lucente e sul muro un colore opalescente. Seppi dopo, guardando da vicino la parete, che una pelle dura di calcite e silicati si era depositata in anni e anni a coprire anche ammoniti che trovai con mia grande sorpresa, a quell'altezza, scalpellando per rimuovere quella buccia grigia che mi avrebbe impedito di preparare il muro con il caucciù per poi dipingere. Allora, passavo quel giorno come decine di altre volte sulla strada per Catania, ma fui costretto a fermarmi ed alzare la testa a causa del dislivello tra la strada e il muro nella sua posizione, dominante: così mi parve. Guardavo e sorridevo: quella parete mi dava una strana gioia e mi suggeriva di mondi antichi, anzi antichissimi, di un tempio sulla facciata che aveva a coronamento la zona ultima del monte. Il resto, tutto il resto, è stato determinato da coincidenze. Per esempio: il libro che fu acquistato, io appena ragazzo, per l'insegnamento scolastico della Mitologia Classica pubblicato da Hoepli in undicesima ristampa nel 1948, è sempre con me. La mitologia è un altro dei miei modi di vivere. La seconda coincidenza riporta in qualche modo alla prima nel senso che, da quanto ero riuscito a sapere, dell'ellenizzazione era rimasto solo un mito sacro per i Siculi. Quel mito racconta di Cerere e Proserpina come protagoniste in un rapimento divino e identico nelle forme, nella violenza e nei colori, a quello subito da Demetra e Persefone in terra greca. Il mito aveva un unico volto; cambiavano le culle geografiche. Che lo si voglia credere o no, il mito era su quel muro che aspettava, solitario e triste, di poter vivere una passione. Mi venne subito da pensare ad un grande uccello con le ali dispiegate a volo e protezione. Era un seme? Si, lo era e cominciava a germogliare. Ma in quegli anni ero ancora geometra-pittore o pittore-geometra, non so. Poi mi licenziai per la mia incapacità a tenere il piede in due staffe. Dopo qualche anno tornai ad Enna, provenendo dalla Sardegna, con l'intento di proporre la realizzazione di un murale che cercasse un ricordo lontanissimo e suscitasse interesse su ciò che era stato nel mondo della fede, in quella terra, prima del cristianesimo. A Enna trovai l'Amministrazione e gli amici come Antonio Maddeo fotografo e regista o Cataldo Salerno e altri, disposti a darmi aiuto nell'impresa suggerita. Ma dubbi intorno....tanti. La parete era in alto e in un lato del monte con una notevolissima pendenza e con una stretta porzione di base per sistemarvi una impalcatura che avrebbe dovuto raggiungere gli undici-dodici metri; e bisognava portare tutto, ma proprio tutto, lassù. Difficile e pericoloso, senza esagerare, beninteso. E poi io ero molto più giovane dei miei anni di allora; così mi percepivo e così mi comportavo, nella certezza tutta particolare di avere a protezione Cerere-Demetra. D'altronde, a sollecitare immaginazione arrivavano voci di un luogo ennese chiamato Cerere usta, e si diceva di una statua della Demetra nera, arrivata ad Enna e scomparsa. Certo è che questa città era stata uno dei centri sacri dei Siculi per il culto di Cerere. Ad Enna c'era la Rupe della dea e in tempi lontanissimi era stato innalzato un Santuario molto noto e veneratissimo. Nessuno notava la mia emozione e la mia fretta; ma quando finalmente bruciai gli sterpi rischiando di rimanerci dentro, fui però sicuro che sarebbero venuti a montare la prima parte dell'impalcatura. Dopo qualche mese, nel gennaio del 1981 nevicava: io guardavo da una altura frontale quella parete lunga più di settanta metri interamente dipinta, che vibrava nel bianco assoluto. La qualità dell'emozione era ed è incomunicabile, nient'affatto indebolita anche se ormai la calcite e i silicati han ripreso la rivincita. D'altronde, tutti gli ex voto a volte, pur protetti in bacheche, spesso appassiscono e muoiono. Le due dee continuano a convivere anche perché nessuno si interessa a loro e così non si crea nessun tipo di gelosia. Quel lago di Pergusa chiamato anche lago di Proserpina forse non ha più acqua e tantomeno narcisi. Persefone, adesso, è tornata da Ade e Demetra è triste per la sua lontananza lunga tanti mesi. Io sorrido mestamente a Tempo che non mi permetterà mai più un simile omaggio, quel racconto così fortemente desiderato e realizzato anche sotto i rimproveri della Madonna di Valverde che non ammetteva e non ammette l'esistenza di Cerere e tantomeno quella della potente Demetra, dea della Germinazione.
In Verona, fine gennaio 2018 Fausto de Marinis

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