Intervista – Ale Senso

1. Cosa conoscevi di Enna prima che ti contattassimo?
Purtroppo nulla, ma è capitato già altre volte di non conoscere i luoghi dove mi hanno
inviato a dipingere. Per me è sempre una sorpresa e alla fine è bello vedere e apprendere
qualcosa di nuovo. Per questo motivo mi ritengo molto fortunata.

2. Perché hai accettato il nostro invito a partecipare a WOL?
L’ho vista come una sfida positiva, soprattutto con la parete che mi è stata proposta,
decisamente amore e odio a prima vista 😉

3. Quando hai cominciato a lavorare nello spazio pubblico?
A partire dalla seconda metà degli anni 90 con graffiti su muri pubblici e privati. A Bergamo
in quegl’anni abbiamo dato vita a un progetto “Tracce Urbane” che ci ha agevolato nel trovare
spazi e nei rapporti coi committenti. L’iniziativa è ancora viva grazie al supporto di
associazioni locali e alle politiche giovanili.

4. Cosa ti diverte e ti stimola di più quando lavori nello spazio pubblico?
Fare una pausa e fermarmi a parlare con i passanti dei più svariati argomenti, potrei farne
un fumetto. Il supporto su cui dipingo più è vecchio più mi diverte.

5. Il tuo canale di espressione è esclusivamente quello della street art o hai altri progetti
artistici e creativi in altri ambiti?
Mi dedico alla stampa ma anche alla pittura e al disegno su vari supporti, la carta e il legno
rimangono i miei preferiti. Continuo il mio personale progetto che dal 2007 mi ha portato ad
esplorare e disegnare in ambienti dismessi o in stato di abbandono, spesso realizzo
installazioni ambientali con i materiali reperiti in loco. Il tutto è studiato per realizzare
fotografie e filmati finali che riporto fuori ed espongo.
Il mio ultimo progetto “Apartment A” a Berlino, tratta di un appartamento privato in stato di
ristrutturazione e semi abbandono, nel quale ho realizzato una serie di murales a tema
futuristico distopico. Fin quando non verrà rinnovato, grazie ai proprietari ho la possibilità di
organizzare mostre ed eventi. Ultimamente mi fanno visita scolaresche accompagnate da
guide turistiche e docenti per scoprire progetti artistici alternativi e indipendenti.

6. Di solito cerchi di interagire in maniera attiva con il luogo in cui svolgi il tuo lavoro e con
gli abitanti, o preferisci lavorare in solitario, facendo le tue ricerche, e sorprendere i passanti e
il pubblico?
Entrambe le cose, molto dipende se l’ambiente che ho intorno è stimolante. Io ci metto il
mio, sono curiosa di tradizioni, storie, aneddoti, cerco di informarmi per arrivare a farmi un
idea personale il più possibile schietta e sincera. Sento come parte del mio lavoro, la
responsabilità artistica di mettermi in discussione.

7. Che ruolo può svolgere l’arte pubblica e la street art nella rigenerazione di piccoli centri e
nelle aree periferiche o abbandonate?
Non amo la parola rigenerazione, se a questa si abbina un intervento di street art di facciata
quando le problematiche primarie sono altre. Vorrei parlare piuttosto di “contributo”, che
lavora insieme al contesto per creare piuttosto un dialogo. In questo senso la street art
pubblica può venir recepita da un luogo, in seguito forse assimilata. Questo non significa  seguire un pensiero predominante, a volte la provocazione è necessaria.

8. Puoi raccontarci del luogo (o situazione) più strano e inaspettato nel quale ti sei
trovata a realizzare un murale?
In generale sono tutti questi spazi dismessi e abbandonati che esploro e dove mi intrufolo
per dipingere. Davvero a volte quello che mi trovo davanti sembrano messe in scene
distopiche o apocaliptiche, come trovarsi in ex ospedali psichiatrici, fabbriche, vecchie cascine
e vedere gli oggetti o i letti ancora li al loro posto, ma pieni di polvere come se non fosse
passato troppo tempo da quando qualcuno li ci viveva ( mentre qualcuno li utilizza ancora).
Sono inaspettate le domande che ti colgono e tutto il resto è tua immaginazione…

9. Un’anticipazione di quello che stai sviluppando per il tuo intervento a Enna per WOL:
Soggetti afferenti ad epoche diverse che entrano in un vecchio muro di pietra offrendo così
una visione diacronica del concetto di “porta” inteso come passaggio.

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